“Siamo l’esperimento di controllo, il pianeta cui nessuno si è interessato, il luogo dove nessuno è mai intervenuto. Un mondo di calibratura decaduto. (…) La Terra è un argomento di lezione per gli apprendisti dei.” Carl Sagan

Archivio per febbraio, 2017

L’Umanità permeabile

 

schermata-2017-02-22-alle-17-29-32Osmotic growth – by kelemengabi (Flickr)

Potremmo chiamarla in molti modi, l’Era osmotica, l’Età del disequilibrio, l’Epoca dell’ibridazione, ma qualunque nome le sia dato in futuro, è già qui, ed è qui per restare. Al varco c’è il superamento del Sistema di Pensiero (le maiuscole sono d’obbligo, in questo caso) che ha innescato e guidato le precedenti rivoluzioni civili e filosofiche, plasmando buona parte del paesaggio socio-economico che oggi ci circonda.

L’Umanesimo pone l’Uomo al centro, collocandolo come soggetto agente in uno spazio creativo sempre più vasto, a sua totale disposizione. Gli dèi si ritirano ai margini di questo spazio, sospinti sempre più indietro, e i grandi filosofi li danno per morti: non si ha “più bisogno di quell’ipotesi”, per esplorare il mondo e ciò che ha da offrire.

Dalle macerie di questo terremoto antropologico l’Uomo emerge in una posizione unica di predominio, con tutto un mondo a disposizione per esercitare la sua capacità trasformativa: quale unico soggetto in grado di auto-determinarsi e di “emanare” creazioni, modifica l’ambiente circostante, il cui ruolo è puramente strumentale, ed è una relazione a senso unico, priva di feedback, con al centro un’entità “pura” e autonoma che agisce in base al proprio libero arbitrio senza lasciarsi contaminare.

Peccato che tale solipsismo sia un’illusione, e un’illusione pericolosa.

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Come l’etologo R. Marchesini ci fa notare, la tecnologia non è una mera cellula probiotica che migliora le funzionalità dell’organismo umano: è un virus che penetra nelle nostre cellule e le riprogramma dall’interno. L’Umanità (“entità” peraltro ancora tutta da definire) è in un rapporto osmotico con il mondo: la realtà la rivoluziona ontopoieticamente per contatto; la scienza e la tecnica non si limitano a soddisfarne i bisogni, ma li modificano e ne introducono di nuovi. L’innovazione tecnica cambia i predicati e i fini dell’Homo sapiens sapiens e lo condiziona sia a livello del singolo individuo (ontogenesi) sia a livello di specie (filogenesi); apre prospettive come un crocicchio di nuove strade, ma non lo lascia libero quanto crede di scegliere quale imboccare, e una volta fattolo, non lo lascia libero quanto crede di tornare indietro o di uscire dal solco, né di adattare il passo alle sue aspettative ed esigenze, mutevoli e influenzabili anch’esse.

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Osmotic growth – Osmotic membranes

Noi esseri umani non siamo impermeabili, anche se ci piace illuderci di esserlo, e la tecnica non ci “completa”, non si limita a “servirci” passivamente, ma riprogramma le nostre menti, sviluppa abilità e ne atrofizza altre, crea dipendenza. Allo stesso modo, la Natura non si lascia soltanto “imitare”: ci mostra possibilità, apre spazi creativi che possono essere colmati anche migliaia di anni dopo. Gli uccelli ci insegnano che è possibile volare ben prima di come riuscire a farlo, rendono concepibile ciò che riusciamo tecnicamente a realizzare molto, molto tempo dopo. L’Uomo ha bisogno del mondo anche soltanto per concepire possibilità: scopriamo che esistono molti più colori di quelli che vediamo, scopriamo l’infinito, scopriamo la sfuggente essenza della materia, ma non possiamo immaginarli. Il mondo sfida continuamente la nostra immaginazione, ma è allo stesso tempo il bacino d’idee e di possibilità in nuce cui la nostra intelligenza attinge per dar forma alle proprie realizzazioni.

La società umana moderna,  influenzata prima dall’antropocentrismo delle religioni abramitiche e poi dal pensiero umanista, considera gli altri esseri viventi, la materia inanimata (confine difficile da stabilire) e gli strumenti tecnici da essi derivati come una risorsa da utilizzare, un patrimonio da possedere, sfruttare e monetizzare. Il “consumismo”, che caccia dalla porta il concetto di “limite” fatto poi rientrare dalla finestra da Boulding e altri negli anni ’60, si basa su questo.

Ancora ci illudiamo di essere qualcosa di “diverso”, qualcosa di “puro”, ma niente è puro in Natura, e noi ne facciamo parte. Come Marchesini stesso e molti filosofi (Nietzsche in primis) affermano, la purezza  è morte, la vita è contaminazione. L'”Ego cogito, ergo sum, sive existo” del Metodo cartesiano è in realtà un Io dialogante. L’isolamento solipsista dell’Io è mero onanismo, se non mera idiozia.

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Il mito della purezza e dell’auto-sufficienza porta a sfruttamento indiscriminato, razzismo, distruzione degli ecosistemi, disgregazione delle strutture sociali. Non amiamo né rispettiamo il nostro prossimo, né gli animali e le altre creature viventi, ma amiamo noi stessi attraverso di loro, semplificandoli, riducendoli alle loro componenti “meccaniche” o ai moventi che proiettiamo su di essi, per poi usarli come specchi che rimandano soltanto il nostro riflesso.

Se distruggiamo il valore relazionale del prossimo, distruggere il prossimo è soltanto il passo successivo. Un bambino deve interagire con altri adulti e bambini di persona, non attraverso uno schermo, per sperimentare l’effetto che fanno i propri comportamenti e allenare le proprie capacità empatiche: la maturazione emotiva si ha attraverso l’interazione, preferibilmente non mediata e non a distanza. È facile odiare, prima di conoscere, e le occasioni di crescita dipendono dalla “permeabilità” reciproca, che non è mera e passiva accettazione della visione del mondo e delle istanze altrui, ma attitudine all’ascolto.

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Il bambino che un tempo animava i propri giocattoli, oggi reifica il proprio gatto riducendolo a un peluche o a un “minus-habens” pseudo-umano. L’Uomo ancora crede all’Idea di “Gatto” attorno alla quale far orbitare i singoli gatti, senza aver introiettato il fatto che la Vita è un cantiere sempre aperto e ogni individuo è una possibilità che si apre sul mondo, una prova, un unicum.
Ogni specie e ogni singolo rappresentante di quella specie “s’immerge” nel mondo in modo diverso: vede parti dello spettro e colori diversi, avverte a distanza la presenza di qualcosa in base alle turbolenze dell’aria, sviluppa comportamenti in base all’istinto predatorio di un cagnolino che insegue una foglia svolazzante o a quello esplorativo e catalogativo di un bambino che raccoglie margherite in un prato.

Le varie anime del darwinismo contemporaneo c’insegnano che le concezioni antropomorfizzate della realtà sono superate, che l’idea di “Progetto” è estranea ai meccanismi della natura, e che il concetto stesso di “umano” è sfumato e ambiguo. Ci dotiamo di nuovi sensi, miglioriamo funzioni e ne perdiamo altre, ma soprattutto impariamo a concepire altre forme di vita non come “macchine” prevedibili e fatte di automatismi e singole componenti distinte, non oggetti, ma soggetti, capaci di cambiare abitudini e di apprendere ma allo stesso tempo condizionati dal fatto che più avranno la tendenza naturale a raccogliere, più spesso ne faranno esperienza. Capiamo che i processi di apprendimento devono essere anche spazi di protagonismo e di interazione.

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Per coloro che si definiscono esseri “umani” (considerando che non esiste una definizione universalmente riconosciuta di questo aggettivo, così come non esiste una definizione universalmente riconosciuta di “essere vivente”), trattasi di un’emancipazione dell’animalità, non dall’animalità. Del resto, la nostra stessa capacità creativa deriva dai nostri istinti animali, istinti che ci hanno permesso di sopravvivere in situazioni che non si ripetevano mai identiche a se stesse, e dalla titolarità che da decenni cerchiamo (con risultati sinora deludenti) d’insegnare alle macchine.

È ingenuo illudersi di dominare e “cavalcare” l’innovazione tecnica: anche se le macchine ancora non possiedono la titolarità che tanti autori di fantascienza (me compresa) hanno immaginato e paventato, non basta essere (o ritenerci) consapevoli, moderati e dotati di auto-controllo perché il loro utilizzo non riscriva le nostre menti, così come non basta essere “genitori capaci e attenti” per governare il modo in cui esse plasmano la mente duttile di un bambino. Le future generazioni saranno diverse dalla nostra e dalle precedenti, nel bene e nel male, che lo vogliamo oppure no.

Demonizzare le tecnologie e l’uso che se ne fa non porta lontano, ma non porta lontano neanche ingannare noi stessi pensando di esserne padroni, di averne il controllo, di non lasciarcene influenzare. Entro certi limiti possiamo scegliere, moderarci, oppure cercare di non lasciar atrofizzare le capacità che un giorno potrebbero esserci utili per cavarcela anche senza, ma senza illuderci di sviluppare così chissà quale immunità o privilegio prospettico.

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Un buon consiglio ce lo dà quell’acuto provocatore di Louis C. K., dicendo che siamo umani quando siamo seduti su una poltrona in silenzio a riflettere, soli con noi stessi, e non cerchiamo ossessivamente di scacciare con mille distrazioni e automatismi quello spaventoso vuoto esistenziale che riemerge dal profondo, ma lo accogliamo dentro di noi come parte essenziale (e preziosa) della nostra esistenza:

Louis C. K. e gli smartphone

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Rapporto sulla periferia del Sistema Solare: nuovi dati e strumentazione

A caccia di pianeti e asteroidi nel cortile di casa…

Il tredicesimo cavaliere 2.0

Lasciata la sonda New Horizons alle soglie della Fascia di Kuiper <vedi il post precedente>, siamo quasi pronti a presentare il primo articolo che fa parte del nostro report dedicato all’esplorazione della periferia del Sistema Solare. Il report sarà probabilmente composto da due articoli che copriranno il primo eventi anteriori al 2016, mentre il secondo arriverà ai giorni nostri. Ci saranno inoltre due spin-off, che si occuperanno l’uno di una nuova promettente speculazione su eventuali incontri ravvicinati tra il Sole e le stelle a lui più vicine, avvenuti in un lontano passato. L’altro spin-off (che però vi presentiamo per primo, qui di seguito) tenta la classica “mission impossible”: dare notizia di alcuni tra i più interessanti strumenti hardware e database che i ricercatori hanno utilizzato per il loro lavoro, o che potranno utilizzare da qui a poco. Si tratta evidentemente di scelte discutibili e tutt’altro che esaustive, ma speriamo…

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Firenze Libro Aperto: ottima iniziativa, pessima organizzazione.

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Domenica ho avuto modo di partecipare alla prima fiera del libro organizzata a Firenze da Fbs Eventi, una Srl con sede a Campi Bisenzio fondata di recente dallo scrittore fiorentino Paolo Cammilli. L’ultima manifestazione di settore che avevo visitato era stata l’edizione 2016 dello storico Salone di Torino, il gigantesco supermercato dell’editoria al centro di un “pasticciaccio brutto” di cui Milano sta attualmente cercando di approfittare. In quell’occasione avevo presentato l’antologia di fantascienza al femminile “Oltre Venere”, curata da Gian Filippo Pizzo e pubblicata da Ed. La Ponga:

Oltre Venere – Amazon       Oltre Venere – presentazione su Fantascienza.com

La mia impressione complessiva su “Firenze Libro Aperto”? Quella del titolo di questo breve post: lodevole iniziativa… pessima organizzazione.

L’evento si teneva al piano interrato del padiglione Spadolini, l’edificio principale del polo fieristico della Fortezza da Basso. Non ho ben capito perché abbiamo scelto il piano inferiore invece del piano terra, che era libero, né perché abbiano scelto di far entrare e uscire i visitatori da Porta Alle Carra, una via d’accesso secondaria che in genere (quand’è utilizzata) serve soltanto per il deflusso del pubblico: in questo modo, oltre al rischio di creare assembramenti eccessivi in un luogo angusto e “ingorghi” nello stretto passaggio che conduce al padiglione, hanno costretto i portatori di handicap a fare il giro lungo dal lato opposto, attraverso Porta S. M. Novella. So bene di cosa parlo: lavoro lì, e capitarci da semplice visitatrice mi permette di fare alcuni semplici paragoni di tipo organizzativo fra le manifestazioni che ben conosco e questa nuova iniziativa.

Sono arrivata in fiera alle 10 in punto, essendo interessata a uno dei primi seminari della mattinata, ma nella “sala” rossa (uno spazio aperto con palco, pannello da videoproiezione inutilizzato e seggiole piazzate alla rinfusa in un angolo in fondo al padiglione) non si è presentato nessuno degli organizzatori o dei relatori: mi sono ritrovata lì assieme ad altri ad aspettare inutilmente, senza indicazioni, avvisi o personale cui chiedere ragguagli; alla fine ci siamo arresi e ce ne siamo andati.
In fiera non c’erano né un punto informazioni né una mappa degli stand, e visto che l’unica copia del programma disponibile (quella affissa all’ingresso) non era aggiornata, i visitatori non avevano modo di sapere quali incontri fossero stati annullati e quali spostati, e in quest’ultimo caso, dove.
Inoltre, gli spazi delle conferenze non erano suddivisi in alcun modo, e soprattutto nei momenti di maggior afflusso, la confusione era tale che non si capiva granché dicevano i relatori sui palchi, salvo arrivare in anticipo e riuscire ad aggiudicarsi un posto in primissima fila.

Erano presenti circa 150 espositori, compresi Einaudi, Giunti e l’Accademia della Crusca. Interessanti gli stand delle case editrici specializzate in libri d’arte e collane scientifiche, ma anche la sezione per bambini e ragazzi (per i quali erano previste molte attività di animazione).
Note negative:
-l’editoria a pagamento (compresa la “solita” Albatros) godeva di una visibilità tale da far sembrare quasi normale l’idea di scucire dei soldi per pubblicare un libro, opzione che sconsiglio sempre vivamente, in tempi in cui l’autopubblicazione offre una valida alternativa a chi non vuole condividere onori e oneri con un editore free o semplicemente ha “fretta” di uscire sul mercato;
-non c’era alcuna logica apparente di selezione e collocazione in fiera. Salvo la sezione junior, gli stand (indie, major, libreria di catena, editoria specializzata, editoria free, self-publishing, Eap etc) erano tutti mescolati alla rinfusa.

Non ho avuto modo di partecipare alla conferenza stampa finale, essendo impegnata a seguire un seminario che m’interessava di più; mi sono soltanto sorbita a distanza la musichetta demenziale scelta come jingle della fiera.

A occhio e croce, l’affluenza è stata buona: a partire dalla tarda mattinata c’era molta gente in giro per i corridoi, e i seminari avevano un pubblico superiore alle aspettative, tanto che pur avendo aggiunto molte sedie, in diversi casi un terzo o un quarto del pubblico era costretto a stare in piedi (tendendo le orecchie per cercare di captare qualcosa in mezzo al rumore di fondo).
Spero proprio che l’evento sia riproposto, ma prendendo i provvedimenti indispensabili per renderlo godibile. Sarebbe bastato un po’ di buon senso per organizzare meglio il calendario e fornire ai visitatori le informazioni minime per orientarsi.

Sito Internet della manifestazione: Firenze Libro Aperto – chi siamo
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